Gran Trail dei Monti Simbruini

Eccomi qui due giorni dopo questa bellissima avventura, a casa tranquillo, in una calda mattinata estiva, seduto davanti al mio computer, con le gambe ancora doloranti, nel cercare di fare il punto di quello che è stato un viaggio lungo 85 km, 6000 metri di dislivello in 15 ore e 9 minuti…

Ricordarsi tutto è difficile, si vivono così tante emozioni, che è difficile in alcuni casi riportarle all’esterno, con parole, che sono solo come la punta di un iceberg e dietro di esse c’è molto molto di più.

Questo per me era un appuntamento importante, perché quelle sono le prime montagne sulle quali ho iniziato a correre o anche solo a passeggiare e forse è proprio da li è che iniziato il mio amore per la montagna in sé.

La partenza è fissata per le 22, tra il primo tempo e il secondo tempo della partita Italia Germania degli europei, sono li con me per starmi vicino Tania la mia compagna (la persona che più sopporta e supporta queste mie avventure), poi c’è la madre, la sorella e il suo ragazzo.

La partita inizia e viene trasmessa dal maxischermo nella piazza centrale di Subiaco dove poi tra poco avverrà anche la partenza, il volume è altissimo e sinceramente a me non è che importi molto della partita, mi siedo per terra davanti lo schermo, lo guardo ma la mia testa è altrove, io voglio correre, voglio andare su quelle montagne lassù.

Poco dopo il mio desiderio viene esaudito e neanche il tempo di prendere la concentrazione che mi trovo subito ad affrontare il primo chilometro verticale, una salita che ci porta da quota 400 a 1600 metri.

Imposto subito il mio ritmo e mi ritrovo nei primi 20, finisco la salita e dico a me stesso: davvero? Già fatta? Wow! E subito dopo inizia la discesa, credo di essere già nei primi 10, scendo rapido, le lucciole che mi fanno compagnia, l’aria fresca sulla pelle che asciuga il sudore della salita e la lampada frontale che nel bosco di notte illumina il sentiero e il percorso segnato da delle bandierine catarifrangenti, devo ammettere che a me piace correre di notte, devi lasciarti andare ai tuoi sensi, percepire meglio le asperità del terreno attraverso i piedi e non gli occhi, è tutta una questione di equilibrio e poi il mondo intorno a te si restringe solo a quello che la lampada illumina, il resto non esiste.

Passo il primo ristoro al km 14 e decido di non fermarmi, erroneamente credo che il prossimo ristoro sia più vicino e presto ne pagherò le conseguenze. Intanto continua la mia discesa, sto bene, le sensazioni sono buone, mi ritrovo a correre solo e in un piccolo tratto spengo anche la lampada per godermi lo spettacolo delle stelle e la luce naturale della notte.

Arrivo a valle e inizia la salita del secondo chilometro verticale, il mio gps fortunatamente ha deciso di non funzionare più proprio oggi, di conseguenza non so in che punto del percorso mi trovo, guardo il road book e mi rendo conto che manca ancora un’ora al prossimo ristoro, credevo fosse a valle e invece si trova a metà della salita, al santuario della SS trinità, ho finito l’acqua e questo è grave, disidratarsi già alle prime ore di una gara così lunga non è il massimo, mi mancano ancora più di 60km.

Però saper affrontare situazioni difficili è anche la ragione che ci spinge a fare cose del genere, che gusto ci sarebbe se fosse tutto facile? Quindi mi rimbocco le maniche e a testa bassa continuo nella mia corsa verso la vetta, arrivo al santuario che con il buio è uno spettacolo ha un qualcosa di mistico e per fare delle foto sbaglio anche strada! Nell’errore vengo superato ma non demordo.

Finalmente arrivo al ristoro del km 27 dove trovo in piena notte dei volontari gentilissimi, sono disidratato e bevo credo 4 bicchieri di sali, riempio la camelbag, mangio una fetta di torta buonissima fatta dalla mamma di qualche volontario li presente e riparto subito, dritto verso la vetta.

La salita si fa tosta ma tengo duro e credo che supero altre 2 persone, Il morale è alto, la notte è bellissima e io sono quasi in cima quando ad un tratto vengo superato da una persona: Lucio che poi diventerà il mio compagno durante tutto il resto del viaggio, mi accodo subito dietro di lui e lo seguo verso il crinale del Monte Tarino, arriviamo in cima che già si vede il cielo schiarire nel lato dove presto sorgerà il sole, posso scorgere in lontananza l’ombra delle montagne che ci circondano, c’è solo il rumore del vento fresco che ci sbatte contro, una sensazione di pace mi pervade, è uno spettacolo stupendo ma non me lo godo più di tanto perché iniziamo subito a percorrere la discesa.

È una discesa molto bella e molto rapida, andiamo giù veloci, superiamo anche un’altra persona. All’inizio io gli vado dietro e poi ci scambiamo ed io vado avanti a lui, tutto alla grande fino a quando non inciampo e cado su delle pietre taglienti, urto la mano e la gamba, fortunatamente tutto bene, ma la mano goccia sangue, decido di sbrigarmi, devo arrivare il prima possibile alla base vita di Filettino per farmi medicare. Nella mia testa girano tante emozioni, penso di dovermi ritirare per la mano, poi guardo il cielo che si è schiarito e l’alba che sta per arrivare, è un momento bellissimo, adoro il passaggio tra la notte e il giorno, l’aria cambia ed è sempre qualcosa di emozionante, decido che non posso ritirarmi per così poco.

Arrivato alla base vita di Filettino sono sesto, però i volontari della croce rossa mi fanno perdere un po’ di tempo mentre si prendono cura delle ferite. Quando riparto ho perso una posizione, anzi abbiamo perso una posizione, perché ormai con me c’è il grande Lucio e così iniziamo la terza grande salita della competizione, la salita che ci porta su fino al Monte Viglio con i suoi 2156 metri è la montagna più alta della gara e forse anche la salita più tosta della competizione.

Come dico sempre “passo dopo passo possiamo arrivare ovunque” e così facendo siamo già in cima, sulla croce che segna il punto più alto, ormai è giorno e lo scenario che ci si apre davanti è stupendo, una distesa verde ci circonda da tutti i lati, fatta da boschi, montagne e valli, un panorama bellissimo, reso ancor più speciale dalla foschia della mattina, il vento fresco mi rinfresca e mi ricarica dopo la salita, mi sento sulla cima del mondo, tocco la croce come per prendere un po di quell’energia,  dovremmo fare una foto ma decidiamo di non perdere tempo, c’è un tratto esposto in cresta un po’ difficile dove si rischia di cadere giù nel vuoto,  poi giù dritti in discesa. La stanchezza inizia a farsi sentire, ho i piedi che mi fanno malissimo, probabilmente delle vesciche e poi in una radura credo di aver urtato una pianta con delle spine che ora ad ogni passo si fanno sentire.

Arriviamo fino al km 58 dove c’è il ristoro di Campo Staffi, siamo settimo e ottavo, lì gentilmente Lucio, che aveva un paio di calzini di scorta, me li cede, almeno elimino il dolore dovuto dalle spine, nel frattempo arrivano altri due concorrenti e decidiamo di ripartire subito, affrontiamo una salita che sulla carta doveva essere facile e invece si è rivelata breve ma veramente molto tosta, il Monte Cotento, la penultima delle salite, ad ogni passo sento i muscoli bruciare, fa caldo, ho il fiatone, ma non possiamo fermarci, non ora.

Passata la montagna abbiamo 12 km in leggera discesa dove si può correre, sulla carta sembra un tratto facile, ma per me è il tratto più difficile, manca poco lo so, la parte più tosta è passata, ma le gambe non rispondono, i piedi a ogni passo fanno male, non posso farci niente, arranco parecchio, il passo è lento e la testa non va, i pensieri sono negativi penso al ritiro, a camminare invece che correre, non mi importa di perdere posizioni, ma poi il mio pensiero va a Tania (che sta lì ad aspettarmi all’arrivo, le avevo promesso di arrivare per pranzo) ed alle persone alle quali insegno che bisogna continuare nonostante tutto, e mi sento rinascere, passo passo decido di non mollare, mi metto dietro a Lucio e lo tallono come lui ha fatto nei km precedenti con me, se rimango indietro faccio di tutto per raggiungerlo, ormai dobbiamo arrivare insieme…

Siamo nono e decimo, abbiamo perso qualche posizione ma non ci importa, stiamo affrontando l’ultima discesa che ci porta a Monte Livata, vediamo l’arrivo davanti a noi e questo viaggio è già finito, domani ce ne sarà un altro, sono felice per quello che ho fatto, la mia compagna mi abbraccia e mi scambio il numero con il grandissimo compagno di viaggio Lucio.

Ringrazio tutti quelli che hanno contribuito a questo, alle persone a me vicine ed a tutta l’organizzazione che ha reso questa esperienza possibile e speciale. GRAZIE!

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