Corsa Lenta VS Ripetute

Introduzione

La maggior parte dei corridori amatoriali è affascinato dagli allenamenti dei grandi campioni dell’atletica come Haile Gebrselassie, Eliud Kipchoge, o Stefano Baldini, solo per citarne alcuni. Sebbene questi atleti hanno rappresentato, e rappresentano, ad alto livello, la corsa nel mondo, dietro i loro allenamenti, non vi è nessuna formula magica ma, come vedremo nel corso dell’articolo, un mix di ricerca scientifica, allenamento e talento. 

Sulla scia del voler imitare i propri beniamini, nel corso degli ultimi anni, è nata la moda dell’High Intensity Interval Training o HIIT. L’H.I.T.T. è una metodica di allenamento caratterizzata da brevi, intermittenti esplosioni di attività vigorosa al di sopra del 95% del consumo di ossigeno (VO2max), intervallate da periodi di riposo o da esercizi a bassa intensità. (Gibala, 2012) Nonostante i grandi atleti elencati precedentemente, svolgono sessioni di allenamento ad alta intensità, il segreto del loro successo, è rappresentato da altro. L’allenamento ad alta intensità, in realtà, è noto già da un secolo. Basti pensare all’invenzione, negli anni trenta del novecento, del Fartlek, ad opera dello svedese Gösta Holmer, oppure alle famose “ripetute” sui 400m, del mezzofondista cecoslovacco Emil Zátopek.

 A rendere la considerazione dell’HIIT ancora più forte è stata, dal 2000 ad oggi, l’attenzione della ricerca scientifica. Infatti, si è assistito ad un vero e proprio aumento, nel numero delle pubblicazioni, relative all’ HIIT applicato al Running. Protocolli HIIT applicati alla corsa, prevedono step della durata compresa tra 10 s e 5’ (Milanovic et al., 2015). L’attenzione di questi ricercatori si è basata su come, questi protocolli, potessero influenzare positivamente il massimo consumo di ossigeno(VO2max) (Milanovic et al, 2015). 

Tra chi fa dell’HIIT un bussiness, tra una parte della ricerca scientifica che è spinta dall’interesse del momento, e la “vera” fisiologia, vi è un po’ di confusione.  Infatti, Billat e colleghi, somministrando per 4 settimane, 3 volte a settimane, protocolli HIIT, a corridori mediamente allenati, hanno mostrato come, sia il VO2max, che la performance, non migliorassero (Billat, 1999).  Sebbene tratteremo più in avanti gli effetti dell’alto volume di allenamento, è comune per gli atleti amatoriali, incorporare sessioni di HIIT svolte ad intensità superiori alla Soglia Anaerobica (SAN), della durata compresa tra 20 – 40 minuti (Extebarria et al, 2014; Laursen et al., 2002). 

La letteratura scientifica, confrontando l’HIIT, con metodi classici di allenamento continuo nel running, non ha mostrato nessun vantaggio in termini di miglioramento della performance. Infatti, dai 5km, fino alla mezza maratona, allenamenti aerobici continui ad alta intensità, e con alto volume di allenamento, si sono rivelati più efficaci dell’HIIT, come detto precedentemente, nel migliorare sia la SAN, che i tempi di gara (Franch et al., 1998; Jarstad et al, 2019; Mallol et al., 2019; Hottenrott et al., 2012). 

Pertanto, alla luce di quanto esposto, vi sono ancora delle contraddizioni sulla reale efficacia dell’HIIT nel miglioramento delle prestazioni, per un corridore. 

L’obiettivo di questo articolo, quindi, è quello di analizzare come, l’allenamento ad alto volume, rappresenti la base per tutti gli atleti, che si cimentano in gare comprese tra 5km, e maratona. 

Materiali e Metodi

Le informazioni raccolte in questo articolo provengono, direttamente, da quella che viene definita “letteratura scientifica”. Ovvero, da studi fatti, e pubblicati, ad opera di ricercatori, su riviste scientifiche internazionali. Pub Med e Google Scholar, due motori di ricerca scientifici, sono stati consultati per l’occasione.

Risultati

Ciò che è emerso dallo studio della letteratura scientifica è che: l’alto volume di allenamento, e mezzi di allenamento come il fondo lento, sono indispensabili per un corridore, che si cimenta in gare che vanno dai 5km, alla maratona. Questi, garantiscono adattamenti sia centrali (cuore, e vasi sanguigni in particolare), che periferici (muscolo scheletrico), tali da creare le fondamenta solide su cui costruire i miglioramenti sia della SAN, che del VO2max.

In dettaglio, i principali adattamenti garantiti dall’alto volume di allenamento.

Cuore e Vasi Sanguigni

L’allenamento aerobico, con particolare riferimento alla corsa, svolto ad intensità prossima alla soglia aerobica determina, già dalle prime ore dopo l’allenamento, un aumento del volume del plasma nel sangue. Con il passare delle settimane, allenamenti continui di intensità moderata o Moderate Intensity Continuos Trainig (MICT), per dirla all’inglese (così viene indicato negli studi presi in esame), svolti ad alto volume, causano la presenza di più globuli rossi nel sangue (uguale più ossigeno trasportato nel sangue, che raggiunge i muscoli in attività); ciò si traduce in un volume di sangue maggiore, e più sangue che ritorna al cuore. 

Dopo mesi, le conseguenze di questi adattamenti, si ripercuotono positivamente sulla struttura del cuore stesso. Infatti, soprattutto a livello del ventricolo sinistro, cioè la parte del cuore che invia sangue in tutto l’organismo, si ha un aumento di dimensioni, definito ipertrofia eccentrica. Un cuore più voluminoso, accoglie più sangue, che inevitabilmente deve spingere con una forza maggiore. Con il passare del tempo, inoltre, il cuore, ha bisogno di sempre meno battiti, per garantire la stessa quantità di sangue, ai muscoli coinvolti durante la corsa stessa (Figura 1). 

L’aumento del volume cardiaco, della forza di contrazione del cuore, della quantità di sangue che può accogliere e, allo stesso tempo, “pompare” verso i muscoli in attività (precisamente chiamati volume tele-diastolico e gittata sistolica), sono facilitati da un forte vasodilatazione nei muscoli coinvolti nella corsa (grazie all’azione dell’Ossido Nitrico). Parallelamente alla richiesta di ossigeno dei muscoli, anche il ventricolo sinistro, in corso di esercizio, aumenta la sua richiesta di ossigeno di circa 6 volte. Questo, si traduce, in una maggiore vascolarizzazione del ventricolo sinistro stesso (Lundby et al., 2017).

Sebbene gli adattamenti elencati fin’ora non influenzano direttamente la frequenza cardiaca massima, allo stesso tempo però, sono di fondamentale importanza per ulteriori allenamenti, utili per l’incremento del VO2max, e della SAN (Figura 2) (Lundby et al., 2017).

Muscoli

L’allenamento ad alto volume di intensità moderata, influenza il muscolo sia nel compartimento esterno, che interno. In particolare, tra il sangue che trasporta l’ossigeno, e il muscolo che lo riceve, ed utilizza in corso di esercizio, devono esserci dei collegamenti.

Capillari

Il primo tramite è rappresentato dai capillari. Aumentando la richiesta di ossigeno durante l’esercizio fisico, si attivano dei “sensori” che, dopo poche settimane di allenamento, portano alla produzione di nuovi capillari, nelle vicinanze dei muscoli in attività. I nuovi capillari, una volta formati, permettono la diffusione dell’ossigeno dal vaso sanguigno, all’interno del muscolo. Per la cronaca, il primo dei sensori è rappresentato da una molecola chiamata hypoxia inducible factor-1 (HIF-1α). Questa proteina, successivamente, ne stimola un’altra, chiamata fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) che, attivandosi, stimola la formazione di nuovi capillari.

Da qui vi è bisogno di un trasportatore, ovvero di una molecola che svolga la funzione di navetta tra membrana del muscolo da cui passa l’ossigeno, e fibre muscolari stimolate dall’esercizio aerobico. Parliamo sempre di allenamento aerobico, che coinvolge fibre bisognose di ossigeno per produrre energia. Il trasportatore nominato pocanzi è la mioglobina. 

Mioglobina

La mioglobina, infatti, lega l’ossigeno rilasciato dai capillari e, come un bus-navetta, lo rilascia nei mitocondri delle fibre muscolari in attività (fibre rosse a contrazione lenta precisamente), che lo utilizzeranno per fini energetici (Ordway et al., 2004). Le curiosità sulla mioglobina sono due:

1. Il contenuto di mioglobina nel muscolo scheletrico è garantito dalla frequenza di allenamento, e non dall’intensità, come avviene nell’allenamento ad alto volume (Hickson et al., 1981)

2. Una delle proteine che stimola l’aumento del contenuto di mioglobina è il coattivatore 1 del proliferatore gamma del perossisoma (PGC-1α), che è anche coinvolto nella biogenesi mitocondriale, come vedremo in seguito ((Ordway et al., 2004).

Substrati Energetici

Se la macchina utilizza la benzina per muoversi, i muscoli invece, utilizzano una miscela di grassi e carboidrati. In breve, senza entrare troppo nei numeri, si può dire che il MICT, svolto ad intensità al di sopra, e al di sotto della soglia Aerobica (tra il 70-80% del VO2max), induce due adattamenti: da un lato determina un aumento del contenuto muscolare di trigliceridi, dall’altro permette, con l’aumento del volume di allenamento, di incrementare i depositi di glicogeno intramuscolare (molecole di glucosio impacchettate) (Knuiman et al., 2015)(Grafico 1) . Questo significa che, con l’aumentare del livello di allenamento, innalzando la soglia aerobica, si bruciano più grassi durante la corsa, risparmiando i depositi di glicogeno, utili per lavori più specifici, come ad esempio allenamenti per ritmi gara mezza maratona, e maratona (Yeo et al., 2011). 

Fibre Muscolari

L’obiettivo principale dell’allenamento, per un fondista, deve essere quello di ritardare la soglia di accumulo del lattato, aumentando la quantità di energia spesa aerobicamente. In breve, nel muscolo vi sono tre tipi di fibre muscolari:

Fibre di tipo I: lenti ma capaci di resistere nel tempo, ricche di mitocondri e mioglobina, che dà loro il colore rosso. Lavorano con un metabolismo aerobico (ossidativo), che garantisce loro lunga durata nel tempo.

Fibre bianche intermedie IIc-IIa: hanno caratteristiche intermedie, chiamate anche glicolitiche-ossidative. L’allenamento può influenzare la loro attività.

Fibre bianche IIx: forti ma poco resistenti alla fatica. Alta velocità di contrazione, lavorano con un metabolismo prevalentemente anaerobico (glicolitico). Sono coinvolte in azioni di grande forza, o velocità.

Lavorare prevalentemente con le sole fibre a contrazione veloce, come accade nella maggior parte dei protocolli HIIT nel running, non crea le condizioni favorevoli, per l’incremento della performance, visto che le fibre a contrazione veloce, presentano una grande quantità di enzimi glicolitici, ma meno mitocondri, meno mioglobina, e grande attività della lattato deidrogrenasi, l’enzima responsabile di “trasformare” lo zucchero della glicolisi, in acido lattico (Bishop et al, 2000). 

Grazie all’allenamento di alto volume, e bassa intensità, si possono avere conversioni di fibre intermedie in fibre lente, (Wilson et al., 2012). Inoltre, con l’allenamento, si possono avere aumenti fino al 17-20% di fibre lente, nonostante i tempi lunghi di adattamento. Questo dimostra come, l’alto volume di allenamento sia fondamentale. Non solo, la percentuale di fibre a contrazione lenta è direttamente proporzionale al VO2max (Wilson et al., 2012).

Mitocondri

 I mitocondri sono organelli situati tra le fibre muscolari (ne esiste anche un altro tipo vicino la membrana muscolare ma svolge un’altra funzione), considerati da sempre la “centrale energetica” del muscolo. Infatti, è nei mitocondri, che avvengono le principali reazioni di produzione di energia. La moneta energetica prodotta è l’ATP. Carboidrati e grassi, rappresentano il combustile che ne permette la produzione (Immagine 1).

Analizzando ciò che ci dice la scienza, confrontando HIIT e MICT, è emerso che, l’alto volume di allenamento, svolto con un’intensità compresa tra il 50-75% del VO2max (circa al di sopra, e al di sotto della soglia aerobica) aumenta sia il numero, che l’attività dei mitocondri (Granata et al., 2016) (Granata et al., 2018).

Ridicendo il volume di allenamento, vi è una forte riduzione dell’attività dei mitocondri, pur mantenendo la stessa intensità di allenamento (Granata et al, 2016)

Running Economy

L’allenamento aerobico ad alto volume, ma bassa intensità, migliora l’economia di corsa.  L’economia di corsa (RE) è definita come, la quantità di ossigeno impiegata, per sostenere velocità di corsa sub-massimali. La RE, inoltre, dipende da una varietà di fattori: antropometrici, fisiologici, biomeccanici e neuromuscolari (Saunders et al., 2004) In parole povere, impostare l’allenamento con prevalenza di alto volume, a velocità prossime e al di sopra della soglia aerobica, rende la corsa più efficiente, consentendo di avere più ossigeno disponibile, per sostenete velocità di corsa più alte. L’economia di corsa, inoltre, è direttamente proporzionale sia al numero, che alla funzionalità dei mitocondri. Più mitocondri, che lavorano in maniera efficiente, consumano meno ossigeno a velocità più basse, con conseguente maggior economia di corsa (Fernando González‑Mohíno et al., 2019).

Conclusioni

Questo piccolo articolo conferma ciò che nel mondo amatoriale si è sempre sostenuto, ovvero più km, e meno chiacchiere. Ora abbiamo i mezzi per potergli dare una spiegazione scientifica. Nonostante l’avvento di sempre più conoscenze, anche la scienza, in alcune occasioni, si muove sulla scia delle tendenze del momento. Con questo non vuol dire che l’HIIT non sia efficace, bisogna conoscere le basi dell’allenamento aerobico, con i relativi adattamenti, per capire quando poterlo proporre. 

E’ inutile fare protocolli HIIT a corridori neofiti, che necessitano invece, di costruire le basi sia muscolari, che enzimatiche. A dare ulteriore conferma a quanto detto, ci viene nuovamente incontro la letteratura scientifica. 

Analizzando la distribuzione di allenamento settimanale sia di atleti professionisti, che di forti amatori, vengono fuori le seguenti conclusioni.

Nel periodo preparatorio, e nel periodo precedente la preparazione pre- gara, i maggiori risultati in termini di VO2max, SAN sono stati ottenuti con l’allenamento polarizzato, ciòe 80% circa dell’allenamento svolto a bassa intensità, prossima alla soglia aerobica, e il 20% ad alta intensità, superiore al 90% del VO2max, ben al di sopra della SAN (Kenneally et al., 2017; Bellinger et al., 2020). Nel periodo specifico, in prossimità della gara, l’allenamento a ritmi soglia sembra essere quello con maggiori risultati, in termini di performance. Questo perché, il training diventa più pragmatico, e si concentra sulle variabili legate alla gara (Tjelta et al, 2014).

Implicazioni Pratiche

Alla luce di quanto detto finora, ecco alcune linee guida sulla gestione dell’allenamento:1. Prima di intraprendere un percorso di allenamento, è bene effettuare un test da campo per la stima del valore di velocità associato al VO2max, delle due soglie (Anaerobica ed Aerobica), e di FCmax. Ad esempio esistono dei test da campo validati scientificamente come il Test dei 6 minuti di Billat, o il Rabit Test, o anche il Conconi, se correttamente somministrato.2. Una volta stimata la FCmax, è possibile calcolare le zone di allenamento (Figura 3). Da quanto scritto nel paragrafo precedente, l’80% dell’allenamento di un fondista deve essere percorso a ritmo lento. Le zone di FC di riferimento sono Zona 1, e Zona 2 (Seiler et al., 2010) Queste, garantiscono le famose “fondamenta”, di cui si parlava precedentemente.

3. Come alternativa alla FC, è possibile stimare la velocità di corsa associata alla SAN, dal valore di velocità ottenuto dal test, considerando l’80-85% di tale valore, a seconda del proprio livello di allenamento, magari confrontandolo con il miglior tempo stagionale ottenuto su una 10km, 90% se corridori ben allenati. Mentre invece per la soglia aerobica, volgarmente definita come il ritmo base del nostro fondo lento, calcolo tra il 70-75% del valore ottenuto dal test, se corridori mediamente allenati, 80% se corridori ben allenati (Ghosh et al., 2004)4. La letteratura scientifica riporta che, per avere benefici dall’alto volume di allenamento, è richiesta una frequenza minima di 3-4 allenamenti settimanali, con un chilometraggio complessivo medio, tra i 30-60km. Sotto i 30 km non si hanno adattamenti sufficienti, sopra i 60km, il tasso di infortuni aumenta (Rasmussen et al., 2013). Aumentare il volume oltre i 60km settimanali, deve avere una progressione del 5% a settimana, per la preparazione di gare lunghe (maratone, ultra maratone), o 5-10% di anno in anno, per atleti che gareggiano dai 5 ai 21km (Damsted et al., 2019)

5. Il volume di allenamento garantisce le fondamenta per allenamenti più veloci. Nella scelta di come gestire le “ripetute”, la letteratura scientifica riporta la seguente suddivisione in fasi di allenamento (Bompa et al., 2017; Bellinger et al., 2020):

Autore: Mattia d’Alleva

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