
Introduzione
A novembre abbiamo deciso di cambiare registro.
Invece di una puntata tecnica, con un tema specifico e un filo conduttore chiaro, abbiamo aperto le porte alle vostre domande.
Nessuna scaletta, nessun copione. Solo una chiacchierata libera, a microfoni accesi, per rispondere a tutto ciò che la community di Personal Running Coach ci chiede da mesi.
Il risultato? Un episodio pieno di spunti pratici, riflessioni sincere e qualche verità scomoda sul modo in cui ci alleniamo, ci riprendiamo dagli infortuni e gestiamo la passione per lo sport nella vita quotidiana.
Si è parlato di scarpe, di Ironman, di off-season, di bici, di allenamenti intelligenti e persino di motivazione nei momenti difficili.
Una puntata lunga, intensa e autentica, che rappresenta perfettamente il nostro modo di vivere la corsa e il triathlon: con curiosità, consapevolezza e, ogni tanto, un pizzico di ironia.
Off-season: la pausa che non deve diventare letargo
Ogni anno, dopo le ultime gare, arriva quel momento in cui il corpo chiede tregua.
È la famigerata “off-season”, un periodo di recupero che dovrebbe servire a ricaricare le batterie.
Il problema è che molti la interpretano come una vacanza totale: settimane senza muoversi, ritmi azzerati, e poi la sensazione di essere tornati indietro di mesi.
Noi la vediamo in modo diverso.
La pausa è fondamentale, ma non deve trasformarsi in un letargo.
Basta poco per mantenere un minimo di stimolo: un’uscita in bici tranquilla, un po’ di potenziamento, qualche corsa breve.
Serve più a ricordare al corpo cosa vuol dire “muoversi” che a migliorare la forma.
Perché il vero rischio non è solo perdere condizione, ma anche spegnere la motivazione.
Ripartire da zero, ogni anno, diventa faticoso mentalmente.
Meglio rimanere “vivi” con un minimo di routine, per arrivare pronti quando ricomincia la stagione.
Scarpe da corsa: quando e come cambiarle
Uno dei temi più gettonati riguarda sempre loro: le scarpe.
Quando cambiarle? Come capire se sono consumate?
La risposta non è solo nei chilometri percorsi, ma nel modo in cui la scarpa si comporta.
In media, 700–800 km rappresentano la soglia massima di utilizzo.
Oltre quella distanza, anche se la tomaia è intatta, l’intersuola perde elasticità, la suola si consuma in modo asimmetrico e la scarpa “cede” dove non dovrebbe.
Risultato: piccoli squilibri che, nel tempo, si trasformano in dolori veri.
L’errore più comune è farsi ingannare dall’aspetto esterno.
Molti continuano a usarle perché “sembrano nuove”, senza accorgersi che stanno correndo con un’inclinazione di qualche millimetro verso l’interno o l’esterno.
Basta quello per cambiare il carico su tendini e ginocchia.
Un altro consiglio: alternate almeno due modelli.Cambiare scarpa modifica leggermente l’appoggio e riduce il rischio di infortuni da sovraccarico.
È una piccola strategia che funziona sia per chi corre tre volte a settimana, sia per chi si allena ogni giorno.
Ritmo gara e Ironman: la differenza la fa la gestione
Quando si parla di gare lunghe come l’Ironman, la domanda più frequente è sempre la stessa: come si sceglie il ritmo gara?
Daniele lo ha spiegato chiaramente: non si inventa, si costruisce.
Il ritmo nasce negli allenamenti, soprattutto nei combinati lunghi, dove impari a capire quanto puoi spingere senza compromettere la seconda parte di gara.
Nell’Ironman, il confine tra “bene” e “troppo” è sottilissimo.
Meglio perdere dieci secondi al chilometro e arrivare interi, che rischiare di saltare dopo la mezza maratona.
E se c’è un consiglio universale, è questo: non rovinare tutto nei primi dieci chilometri di corsa.
La bici è la parte che “decide” la gara, ma è la corsa che la chiude.
Molti atleti professionisti corrono l’intera maratona finale in zona due, a intensità aerobica controllata.
Non perché non possano andare più forte, ma perché sanno che solo così arriveranno alla fine in modo efficiente.
È una questione di fisiologia, ma anche di testa.
Infortuni: tra potenziamento e consapevolezza
Un altro tema caldo è quello degli infortuni.
Come si fa ad allenarsi tanto, senza rompersi?
La risposta breve: con equilibrio.
La risposta lunga: con anni di ascolto, pazienza e lavoro di forza.
Negli anni, abbiamo imparato che l’infortunio arriva quasi sempre per una ragione chiara: troppo, troppo presto, troppo intenso.
Il corpo non si rompe per caso, ma perché non ha avuto il tempo di adattarsi.
Il potenziamento muscolare è la base: rinforzare glutei, core, polpacci, quadricipiti e caviglie è un’assicurazione a lungo termine.
L’altro elemento chiave è l’ascolto.
Se senti un fastidio, la prima cosa da togliere non è il volume ma la qualità.
Meglio un lento in più che una settimana di stop.
E sì, i fastidi capitano a tutti: il ginocchio che tira, la caviglia che scricchiola, il polpaccio che si indurisce.
Il punto è capire quando fermarsi e quando invece si tratta solo di normali segnali di affaticamento.
Prevenire significa anche essere flessibili con la propria tabella.
Una settimana di scarico fatta al momento giusto può salvare un’intera stagione.
Il tapering: quando il corpo ti sembra “rotto” ma non lo è
Durante la settimana pre-gara, molti atleti vivono una fase di paranoia pura.
Ogni piccolo dolore sembra un presagio di catastrofe.
In realtà, è una reazione naturale: il corpo sta cambiando ritmo, la mente amplifica ogni sensazione.
Il tapering è una fase di adattamento, e proprio per questo può generare piccoli fastidi.
Si arriva alla gara dopo settimane di carico, il corpo è abituato a spingere e improvvisamente si trova in modalità “riposo”.
È come una macchina da corsa che deve stare ferma ai box: i motori fremono.
La soluzione è accettare quel disagio e fidarsi del lavoro fatto.
Le gambe pesanti di venerdì si trasformeranno in leggerezza domenica, grazie all’adrenalina e alla scarica nervosa del giorno della gara.
Corsa e bici: due linguaggi che si completano
La bici è uno strumento straordinario, ma non sostituisce la corsa.
Serve a potenziare il sistema aerobico, a migliorare la resistenza e a ridurre l’impatto muscolare, ma la specificità della corsa resta insostituibile.
Lo diciamo sempre: se vuoi correre, devi correre.
Usare la bici come cross training è invece una scelta intelligente.
Ti permette di mantenere un buon volume settimanale senza stress articolare, di recuperare attivamente e di variare lo stimolo mentale.
Ma serve equilibrio.
Allenarsi solo in bici, per troppo tempo, può “rallentare” il gesto della corsa.
L’obiettivo è usare entrambi i mezzi per diventare atleti più completi:
correre migliora la forza eccentrica e la capacità di impatto,
pedalare aumenta la capacità aerobica e la resistenza.
Insieme, creano un mix perfetto per chi ama endurance e performance a lungo termine.
In sintesi
Questo Q&A è stato un esperimento riuscito.
Un’ora e dieci minuti di confronto vero, in cui abbiamo affrontato argomenti che raramente trovano spazio nei contenuti “ufficiali”.
Abbiamo parlato di errori, di scelte, di esperienze personali, ma anche di fisiologia, programmazione e mentalità.
Perché il running – come il triathlon – non è solo un insieme di allenamenti, ma un percorso di consapevolezza.
Il messaggio finale è semplice: non esiste una formula magica, ma solo l’equilibrio tra metodo e ascolto.
Correre bene significa conoscersi, accettare i propri limiti e imparare a gestire i carichi nel tempo.
Conclusione
Se non hai ancora ascoltato l’episodio completo, lo trovi su Spotify e YouTube:
“Q&A di Novembre – Scarpe, bici, infortuni e tutto quello che non vi abbiamo mai detto!”
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